Eleonora Duse

ELEONORA DUSE

Ovvero 

LA COSTANZA E LE SCELTE

Sigla: 2° Movimento Titano di GUSTAV MAHLER

(SOTTOFONDO MARE GABBIANI E RISACCA)

ELEONORA DUSE:
… e continuiamo ad andare lontano;il tempo, passa lentamente quando l’amore ti cerca, se poi è una città ad amarti, tutti gli anni che hai vissuto diventano una eco di suoni.Se la chiave di tutto ciò è in fondo al mare, allora siamo noi l’onda che la richiama. Se mai abbiamo avuto voce, cercateci nel grido del gabbiano, nella risacca inquieta del mare che accarezza insoddisfatto il molo, nel rumore del sole che alla sera si tuffa nel buio. Perché siamo state nel tempo di Trieste…tanti anni fa.
(salgono musica e rumori)
( Musica: Wolf Ferrari :i RUSTEGHI)
NARRATORE:
Siamo in teatro durante le prove della Compagnia Teatrale Eleonora Duse
DUSE :
Allora avete capito? Più nerbo più incisività anche se poche sono le battute, in questo momento, nel momento in cui voi parlate, siete protagonisti. Il pubblIco che domani verrà a vedere “Sogno di un mattino di Primavera” della Duse, in quel momento vedrà ed ascolterà voi. Il palco in questo magico momento è vostro. Imponetevi, fatevi sentire, forte chiaro, intenso. Forza riprovate… Brr che freddo umido. Avanti con le battute, qual’è la vostra di soggetto?
(SALE LA MUSICA)
(Man mano la voce svanisce parte la musica Debussy)
NARRATORE:
La divina Eleonora Duse nata per caso a Vigevano tra una recita e altra. Nel 1858 è a Trieste dove si tratterrà per oltre due settimane con il suo repertorio dannunziano. E’ un pomeriggio di fine settembre di una estate dura a morire, ma sul palco del Filodrammatico in via degli Artisti, non fa caldo. L’aria sa di polvere e umido. La luce è quella delle prove cosiddetta di servizio, fioca e gialla, che piovendo dall’alto accende i capelli ma riempie di ombre i visi rendendoli più drammatici. La compagnia è seduta o appoggiata in ordine sparso per la scena, i macchinisti hanno cominciato a cambiare i fondali e le quinte hanno interrotto per la prova di memoria e completeranno tra oggi e domani. Eleonora Duse, in piedi, appoggiata con una mano allo schienale di una sedia, corregge, interrompe, sottolinea, muove tutti con un economico gesto delle sue minute mani. Le sue osservazioni sono portate con tono basso e pacato con voce gentile e cortese, ma non priva di autorità o meglio sicura che non vi potranno essere repliche o “se” o “ma”. Il suo corpo è avvolto da una grande pelliccia di zibellino, lei freddolosa, minuta, intensa…
DUSE:
Grazie signori, la prova è finita. L’ordine del giorno è affisso, la prova di costume è domani mattina. Buona sera a tutti.
MARCELLO:
Su e giù, su e zò ‘sto mistier no xe più per mi. Va de qua va de là. Questo no va ben, questo fa schifo quel no me piasi.. Ma Marcello, dove ti ga trovà sta roba, in un scovazzon? Xe sai caro, quanto questo? Cossa Gnanche a parlarne, portighelo indrio … Adesso questa la Divina. la vol un secretaire, piccolo, comodo, grande che basti, intonado ai vestiti …. che sentada no la pari una nana, ciò, la doveva cresser de più o far segar le gambe dei mobili…due cassettini no de più perché la ghe se devi posar e no rampigarse. Dove lo troverò sto mobile? Lo voglio vedere de visu. La parla talian, la sarà anche brava, ma no la xe sai contenta, se vedi … eccoci.
DUSE:
Avanti!
MARCELLO:
Permesso.
DUSE:
Venite, venite avanti. (è un pò seccata) un attimo e sono pronta, ho dovuto cambiarmi d’abito. Dentro il teatro si muore di freddo e d’umido, fuori fa
ancora caldo, stasera farà fresco, bisognerebbe cambiarsi ad ogni ora
nella vostra città! Ma come mai il Teatro è così freddo? E’ pieno di spifferi. Durante le recite c’è una lama di freddo che passa proprio dietro al sipario … Lei che lo conosce questo teatro, cosa mi dice?
NARRATORE:
Eh lo conosco sì questo teatro, ma se c’è giro d’aria non l’ho ordinato io; si è rotta la cluca di un porton de drio e ogni tanto o quando c’è il caldo dei ferai in palco, si verze e allora è un remitur … ho chiamato il marangon ma è un cabibbo che non viene mai perché sempre incanfarato de bibita. Lo so che quando tira bora xe zima ma bisognassi serar e refar. Come i ga za fato ‘na volta con sto teatro, perchè la sa signora mia, el xe nato dalla foghera e se resta qualche falisca xe sempre riscio che el se impizza…E chi xe el primo della lista per salvar la situazion? Ma mi, Marcello detto “torziolon” fa anca rima. Son come quel del proverbio: fraca tonbo’ e salta cacoma, pagado poi con un black an wite.
DUSE:
…Come? (esterrefatta)
MARCELLO:
Ma si, fraca boton…
DUSE:
Spingi il bottone..
MARCELLO:
E salta macaco…
DUSE:
E salta macaco …
MARCELLO:
Digo ben?
DUSE:
Dici malissimo … Io capisco e parlo veneziano, ma tu hai parlato una lingua barbara, quasi straniera, te prego, quando te parli con mi (parla veneziano forbito) de parlar venezian, lingua de siori onorati e de gente per ben. Gastu capiu.
MARCELLO:
Gut …va ben.
DUSE:
Mi dicevi del teatro? …
MARCELLO:
La scusi par el mio idioma, ma go assai lavorato in porto da giovanotto e lì si bada più ala sostanza che alla forma parolifera. Se non mi scavezzavo un ginocchio mentre portavo us…su…la nasche…la schiena un sacco de caffè sbrissando …
DUSE:
… Scivolando …
MARCELLO:
Sì … sul iazo
DUSE:
… ghiaccio
MARCELLO:
Si … la no me interompa…se non scivolavo e non mi spezzavo un ginocchio, lavoravo ancora in porto e inveze da ani lavoro come portaceste in teatro. Dove riva barche se spazi liberi che vardavo lontano, son cascà invece in questa angusta cheba… gabia de mati, cura, piena de sorzi …
DUSE:
…Sorzi?… Ghe xe pantegane qua?
MARCELLO:
Dappertutto, sora e soto el palco, a volte le recita anca, e el publico aplaudi … no se incorzi nis­sun …
DUSE:
Non sia irriguardoso, a chi si riferisce?
MARCELLO:
… Non certo a ela, cara divina. Ma ghe xe babe che podessi andar col terliss a scovazzar le strade, altro che recitar!
DUSE:
… Cosa avete detto?
MARCELLO:
(esasperato di far traduzioni, ha un momento di forbitezza per poi esplodere)… ci sono donne che potrebbero andare col grembiule da lavoro a spazzare le strade anziché recitare, ma cossa parlo zacai? Che no la capissi,niente? La se sforzi, l’ostrega sua….
DUSE:
…(ridendo di cuore) siete veramente un tipo bizzarro e divertente, avete una teatralità naturale, molto vivace e oltremodo efficace, perché non fate teatro …
MARCELLO:
Mi far teatro?.Mancassi anche questa non go tempo da perder alora signora andemo?
DUSE:
Aspettatemi solo un minuto e son subito con voi, o come direbbe Goldoni: aspetè un poco e sarò subito ai vostri servizi …
MARCELLO:
Va ben aspeto …speta Marcelo anca questa la xe mata, sarà l’amor del vate che la consuma e la manda in estasi. E noi poveri mortali siamo come foglie sull’albero in autunno … ciò la me fa parlar talian anca a mi…
(musica)
SPEAKER:
Corre l’anno 1898. Trieste è come sempre la perla marina dell’impero austro ungarico. La guerra del pane che sconvolge l’Italia e che celebra le imprese della repressione di stato attraverso l’efficienza sabauda del generale Fiorenzo Bava Beccaris, non sfiora la felix Austria e la felix Trieste, non ancora estremo confine italico, non ancora città degna di tanta redenzione dal barbaro tallone.
(musica)
In questo tumultuoso fine secolo i coniugi Curie, tornando una sera a casa si accorgono di aver lasciato il radio acceso, e lo scoprono. Un altro francese, pittore questo, scopre modelle per farsi scoprire grande; da inizio alla serie delle bagnanti: è Paul Cezanne. Italo Svevo alias Ettore Smitz benché appena trentasettenne, scrive e fa editare, a sue proprie medesime spese “Senilità”, romanzo nonostante tutto giovanile. Emile Zola scrive il famoso libello “Io accuso” contro le alte gerarchie militari. Il tema dell’ antisemitismo rientra di prepotenza nella storia ufficiale, avvisaglia di ben altre tragedie del secolo prossimo futuro.
(musica)
Nasce il sole del socialismo in Russia con la fonda­zione del partito operaio socialdemocratico, e Eduardo di Capua compositore in Napoli, celebra con mediterraneo trasporto altri soli meno pubblici e più privati scrivendo l’eterno “O Sole mio”. L’imperatore piange perché ‘imperatrice Sissi il 10 settembre, sul lago pulito di Ginevra, viene trafitta dall’utopico pugnale dell’anarchico Luccheni.
(musica)
La Germania si ricostruisce la flotta, Stati Uniti e Spagna si dichiarano una guerra d’oltremare e, a settembre a Trieste non c’è traccia di tutto questo nella Compagnia Teatrale E. Duse & Co. che al Teatro Filodrammatico sta provando il “Sogno di un mattino di primavera”. Vivon così tra teatro e sospiri i comici, travolti dagli aggettivi di Dannunzio e tormentati dagli spifferi di bora e non di guerra. Ma, se sotto la cenere cova la brace, sotto l’aspetto nonchalante della Duse cova un furioso risentimento per il vate che ha dato a Sarah Bernhart la tragedia “La città morta” rappresentata a Parigi.
(musica)
Torniamo al Teatro Filodrammatico. E’ una calda serata di settembre. La singolare coppia composta da Eleonora Duse, attrice e Marcello Ukmar già portuale ora trovarobe e portaceste del suddetto teatro, esce dalla porticina con su scritto “Uscita artisti” in via degli Artisti. E’ un tramonto ancora estivo. Gente davanti i portoni delle case, caffè affollati, le mescite popolari gremite; da un’osteria musica e canto, odore di cibi fritti, aria di mare e afrore di cavallo: Trieste. Lui, claudicante, la paglietta di sghimbescio. Lei, passo leggero, lasciata la pelliccia, un vestito a giacca lungo ecru, cappellino, borsetta per far gio­care le sue mani minute ed espressive. Scendono verso destra: si immettono nel Corso andando poi verso Piazza della Borsa. Forse qualcuno la riconosce, ma poi si convince del contrario guardando lui. Lei, lasciati i pensieri in sottopalco pensa anonima e leggera. Lui un poco orgoglioso di star al suo passo pensa quasi di essere importante e anche la sua zampa offesa diventa anonima e leggera.
(musica)
DUSE:
Allora d’accordo per quel trumoncino a due cassetti, mi farà una ricevuta.
MARCELLO:
Marcello Marcello Ukmar signora. Lo passo a ritirare doman matina d’accordo? A doman.
DUSE:
Buonasera…
MARCELLO:
Signora se la permette mi vado a casa a distirar el scheletro e darghe na bela stricada, dopo aver fato velika magnanza…
DUSE:
Cosa dite Marcello … non vi capisco…
MARCELLO:
La scusi, vado a casa a dar una bella mangiata e una bella dormita stendendo l’ossatura, credo che se disi così..
DUSE:
(ridendo) E ti me lassi sola malignazzo?
MARCELLO:
…Come ..signora? No volessi intrígarghe i bisi … non vorrei romparghe i ovi sì insomma … disturbare.
DUSE:
Va la che ti saressi un gran can …sempre come direbbe Goldoni. Go fame. Mangerei…un,pesce e magari con un bicchiere di buon vino. Marcello, perché non mi accompagnate in qualche posto?
MARCELLO:
A zena? Mi no conosso i posti dei siori, no savaria dove andar…
DUSE:
Bene, meglio! Mi porti in … un’osteria.
MARCELLO:
No xe posti per signore …
DUSE:
No xe vero go visto molte done e anca putte.
MARCELLO:
Ma xe gente del popolo …
DUSE:
E mi? Non son forse anchio nata da umile gente? Due attori poveri in una compagnia povera. Il gusto di certi piatti non lo ritrovi più; la fame o meglio l’appetito è un condimento insuperabile e indimenticabile. Vorrei… per esempio, seppioline al nero con polenta oppure bisato sempre con polenta, oppure altro forza… vuole che glielo ordini?
MARCELLO:
No per carità! Ma no savaria…
DUSE:
Coraggio Marcello. L’osteria più vicina?
MARCELLO:
Al Papagal …
DUSE:
Da che parte?
MARCELLO:
Qua di dietro.
DUSE:
Allora dietro front (ridendo) Non si ritragga se la prendo a braccetto, cosi daremo meno nell’occhio.
MARCELLO:
Se doman la raconto no ghe crederà níssun…
DUSE:
E tu Marcello non raccontarla, caro il mio trovarobe, go una fame d’Arlecchin che magnería anche el batocio
(Ridendo si allontanano – musica)
DUSE:
…Delizioso …Questo vinello scivola giù menu da ricordare. Sgombri ai ferri, radicchio e fagioli, vino malvasia… fresco … non avrei potuto mangiar meglio. Che altro si può chiedere a una serata di settembre?
MARCELLO:
Spero che sia piaciuto, el pesse jera fresco posso assicurar, el jera vivo che el ciamava ancora mama.
DUSE:
… Buona questa (ridendo) …
MARCELLO:
El vin xe speciale. Lo saveva ben Von Suppè che qua el ciuciava e el scriveva…
DUSE:
Von Suppè?
MARCELLO:
Si’ quel dele operette che qua a Trieste piasi assai, el jera sempre qua…
(A un tavolo poco distante scoppia un alterco tra due avventori alquanto alticci
registrato con rumori)
Primo AVVENTORE:
… e mi te digo che no la xe solo brava ma la xe anche bela, cossa digo, bellissima e se ti te disi el contrario te son in malafede o falso come Giuda… o mona!!!
Secondo AVVENTORE:
Mi mona no son… Forsi imbriago ma nè Giuda nè in malafede … ti te son solo un povero dispossente che ga ciapà una scuffia de un’attrice che no la saverà mai che gnanca te esisti.
Primo AVVENTORE:
…cossa importa… L’arte xe sora de tuti anca sora dei copi..L’arte no se impara…
Secondo AVVENTORE:
Ma la Duse saria un’artista? Una brava attrice … una commediante e gnanca tanto bela…
Primo AVVENTORE:
… Intensa, la vibra quando la te parla
Secondo AVVENTORE:
La te parla a ti ma va in maloron
Primo AVVENTORE:
Senti se non te la finissi te copo
Secondo AVVENTORE:
Ciò meti via quel cortel o ciamo la guardia.
OSTE:
(professionale)
Basta! ‘ ndè fora. Qua no se fa casin. Fora le fliche per el vin e se no ve fè più veder me fè solo un piazer. Maledete bevandele
(trambusto in sottofondo)
(sottovoce in PP di Duse e Marcello)
DUSE:
… Tibidoi … Andiamo, usciamo, chiami l’oste che pago …
MARCELLO:
Za fato, mi son permesso di regolare la sciocchezza col padrone …
DUSE:
Ma Marcello, l’avevo invitata io …
MARCELLO:
Xe un stupidezz, per me è un onore … Ma andiamo che qua comincia a svolar piatti …
(Registrato Il trambusto è aumentato e degenerato in rissa con vasellame infranto Musica – Per strada)
DUSE:
Senta non voglio certo rubarla alla famiglia e alla sua vita, se vuole andare vada pure, non si senta obbligato
MARCELLO:
Almeno l’accompagno all’Hotel…
DUSE:
No,no, vada pure, non ho certo paura, c’è molta gente in giro, e poi il De La Ville è qui a due passi.
MARCELLO:
Be.. allora … grazie
DUSE:
Bè…allora…grazie.
(Marcello si allontana canticchiando musica)
DUSE:
…Sta arrivando una brezza con profumi di mare. Finalmente sola, voglio andare in cima al molo, sarà come essere sulla prua di una nave che rompe i flutti. Io sola nel vento, il vento dell’ovest che ha incantato Shelley, poeta delle mie solitudini … carissimo …
(si odono i suoi passi e una leggera risacca , ormai Eleonora è ancora una volta sola con isuoi pensieri)
Com’era l’ode di Shelley … ah si …
(da ODE AL VENTO OCCIDENTALE)
Oh tu Vento selvaggio occidentale, alito della vita d’Autunno, oh presenza invisibile da cui le foglie morte sono trascinate, come spettri in fuga.
Oh Spirito selvaggio,
tu che dovunque t’agiti, e distruggi e proteggi: ascolta, ascolta! Tu nella cui corrente, nel tumulto del cielo a precipizio, le nuvole disperse sono spinte qua e là come le foglie appassite.
Fossi una foglia appassita che tu potessi portare; fossi una rapida nuvola per inseguire il tuo volo!
Ti prego, levami come un’onda, come una foglia o una nuvola.
Cado sopra le spine della vita e sanguino!
Fa’ di me la tua cetra, com’è della foresta; che cosa importa se le mie foglie cadono come le sue!
Guida i miei morti pensieri per tutto l’universo
come foglie appassite per darmi una nascita nuova!
Oh, Vento, se viene l’Inverno, potrà la Primavera esser lontana?
(Musica – vento- mare)
NARRATORE;
(Siamo di nuovo in teatro il mattino dopo)
DUSE:
Qui, Marcello, appoggi qui il mobiletto, ecco, dica a tutti che non voglio essere disturbata.
MARCELLO:
Signora …
DUSE:
Sì?
MARCELLO:
Niente … niente.. Nel cassetto di destra jera sto libretto
DUSE:
E questo cos’è, un libretto, Ibsen” La donna del mare.” Ma allora è una persecuzione finirò per doverla recitare questa pièce. C’è un segno a pagina 41 (legge) … “quasi sempre del mare che sfavilla al sole, nei giorni sereni … di balene e dì delfini, e delle foche che amano godersi il calore meridiano distese sugli scogli …. di gabbiani e di aquile e di mille altri uccelli del mare … Il mare, il mare di ieri sera… sul molo, dovrò fare “La donna del Mare” Io sono la donna del mare. Io che cerco di amare tutte le cose che non sono mie. I fiori la notte il mare la pena di tante creature che non conosco l’aria che fugge e tante altre cose che non so nominare …
NARRATORE: (La voce del narratore:Prova costumi.)
Ha inizio la prova costumi. Signore e signori prova costumi. Eleonora canticchiando sommessamente e inconsciamente la canzone di Marcello, svanisce nel nulla)
(sigla finale)

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