Tina Modotti

TINA MODOTTI

Ovvero

L’OCCHIO DELUSO

Sigla: 2° Movimento Titano di GUSTAV MAHLER

(RISACCA GABBIANI VENTO)

VOCE DI TINA

..e continuiamo ad andare lontano; il tempo passa lentamente quando l’amore ti cerca, se poi è una città ad amarti, tutti gli anni che hai vissuto diventano una eco di suono Se e la chiave di tutto ciò è in fondo al mare, allora siamo noi l’onda che la richiama. Se mai abbiamo avuto voce, cercateci nel grido del gabbiano, nella risacca inquieta del mare che accarezza insoddisfatto il molo, nel rumore del sole che alla sera si tuffa nel buio.

Perchè siamo state nel tempo di Trieste … tanti anni

(SALGONO MUSICA E RUMORI)

Tina Modotti (PP):

Io. Tina Modotti, sono morta per un collasso cardiaco in un taxi a Ciudad de Mexico la notte tra il 5 e il 6 gennaio 1942, mentre stavo rincasando dopo una serata trascorsa presso amici. Ero sola, Vittorio Vidali detto anche Carlos Contreras, mitico fondatore del V° Reggimento della guerra di Spagna e mio compagno di vita e di lotta, mi aveva lasciato da qualche ora perché impegnato come redattore in un giornale messicano, “El Popular”. Quando gli addetti alla pompe funebri lo raggiunsero nella nostra piccola casa al 5° piano del N.137 de la Calle Doctor Balmis nel rione de Los Doctores, Vittorio mi stava aspettando, leggendo da due ore. Rimase senza parole e pianse. Mi difese a spada tratta, quando poi i giornalisti si buttarono come sciacalli sul mio corpo. Mi chiamarono la donna misteriosa di Mosca. Sollevarono dubbi sulla mia morte, trasformandola in un intrigo internazionale o in una sceneggiata da fuoriusciti. Fu allora che Pablo Neruda scrisse una poesia contro quanti offendevano la mia morte. La mandò ai giornali senza troppa speranza di vederla pubblicata e la lesse in una mattina di sole al cimitero di Ciudad do Mexico, dove mi lasciarono e dove ancora giaccio, sotto una pietra di granito messicano.

I giornali riportarono così in prima pagina la poesia di Pablo; nessuno scrisse mai più una riga contro di me. Su quella pietra sono incise le sue parole e il mio nome continua a vivere tra i fili di un telaio e i caratteri di piombo di una vecchia linotype.

Vittorio Carlos salì ancora un’unica volta i 5 piani che portavano alla nostra casa da dove si vedevano i vulcani innevati. Fu questione di pochi minuti; regalò la gatta gravida a un vecchio militante della guerra di Spagna, lasciò che la cagnetta bastarda Kitty se ne andasse libera per conto suo. Non so se abbracciò ancora una volta con uno sguardo dal balcone il cielo azzurro che ci aveva fatto compagnia. Ma so che, nell’andarsene, prese un garofano rosso.

(MUSICA   ASTURIAS di ALBENIZ- VILLOTTA FRIULANA)

NARRATORE:

Tina Modotti, nata a Udine da Giuseppe e da Assunta Mondini, il 15 agosto 1896, morta a 45 anni il 5 gennaio del 1942, viene sepolta il giorno 7 nel cimitero di Città del Messico. C’e molta gente: fuoriusciti spagnoli, dirigenti comunisti, militanti antifascisti colleghi fotografi statunitensi, messicani, giornalisti USA, scrittori, poeti, muratori, peones, tante donne, tante bandiere rosse. Echeggia un po’ dovunque lo spirito popolare messicano che 20 anni prima Tina Modotti, con le sue fotografie, aveva più volte illustrato. cogliendone la dolcezza e denunciando le profonde lacerazioni. “Noi messicani dobbiamo a Tina Modotti la prima rappresentazione fedele della nostra realtà” scriveva celebrandola in vita, un quotidiano popolare locale. Ma la grande borghesia e i piccoli filistei non le perdonarono mai la sua sincerità nel mostrare la miseria che stava sotto i sombreri, dietro le chitarre nascoste dalle località alla moda, uniche “realtà” propagandate dal turismo di stato e gettarono pesanti ombre e squallidi epiteti sulla sua persona sulla sua attività artistica e politica, sulle sue relazioni d’amore, d’amicizia e di lotta. Quella mattina di gennaio, nell’aria rarefatta di Città del Messico, che aveva certo contribuito con il suo poco ossigeno a peggiorare il disturbo di cuore che accompagnava da anni Tina e che l’avrebbe uccisa, l’ambasciatore del Cile, il poeta Pablo Neruda, alzò con i suoi versi una barriera d’amore contro i suoi detrattori, che, allora, non parlarono più. Invece, così parlò Neruda.

( MUSICA)

FOTOGRAFO:

Tina Modotti, hermana, no duermes, no, no duermes tal vez tu corazón aye crecer la rosa de ayer…

( VOCE MASCHILE SFUMA E SI SOVRAPPONE LA VOCE DI TINA MODOTTI)

TINA MODOTTI:

… La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua; ti sei messa una nuova veste di semente profonda e il tuo soave silenzio si colma di radici…

(SALE LA MUSICA)

“avanzano ogni giorno i canti della tua bocca nella bocca del popolo glorioso che tu amavi. Sono i tuoi sorella: quelli che pronunciano il tuo nome “

FOTOGRAFO:

Porque el fuego no muere.

(CANZONE DELLA GUERRA DI SPAGNA)

TINA MODOTTI:

Sono stata comunista. Sono stata una fotografa acclamata era il mio occhio e il mio cuore che giudicavano la realtà, non l’obiettivo. Sono stata operaia, attrice, scrittrice, infermiera nell’ospedale operaio di Madrid, corriere dell’Internazionale, sposa, amante, cuoca, sorella, emigrante povera e espulsa di lusso, incarcerata, viaggiatrice, sognatrice; tante cose sono stata… Ora che sono morta posso dire di essere stata tutto questo, perché prima, vivendolo non lo sapevo; sapevo solo di essere Tina Modotti, detta Maria

(MUSICA DI MORENO TORROBA)

NARRATORE:

e a Trieste, Tina? Che cosa ci venivi a fare a Trieste? Che cosa c’entri, tu, con Trieste?

TINA MODOTTI:

Perché? Da Udine dove sono nata ti pare un gran viaggio? E Vittorio? Dove cresceva rivoluzionario e uomo internazionale di luci e ombre Vittorio Vidali? Mia madre e mia sorella mentre io giravo il mondo? E dove è poi morta, alla fine, la mia povera mamma, nel ’36, mentre io ero in Spagna con i repubblicani?

NARRATORE:

A Trieste?

TINA MODOTTI.

A Trieste, certo, a Trieste!

(WORK SONG AMERICANA)

… anche se poi…, la cosa che mi ricordo meglio di questa città è quel pomeriggio, in quel rione A Trieste. E mia madre e mia sorella? Dove vivevano popolare… San Giacomo, giusto? Campo San Giacomo

(MUSICA NAZIONAL POPOLARE)

FOTOGRAFO:

Signorina, parlez vous francais? Sprechen sie deutsch? Ne razumi?…

TINA MODOTTI

Cosa vuole da me?

FOTOGRAFO:

Are you englisch ?

TINA MODOTTI

Ma mi lasci in pace! Alla sua età ha ancora tempo per importunare le donne per strada?

FOTOGRAFO:

Importunare! Che parola grossa. Sono rimasto colpito dalla sua abbronzatura così poco locale…sembra esotica quasi indiana

TINA MODOTTI

Ah sì?

FOTOGRAFO:

Poserebbe per me?

TINA MODOTTI:

No, di certo

FOTOGRAFO:

Sono un fotografo, ho lo studio qui dietro, in via della Guardia.

TINA MODOTTI:

Vuole forse farmi una foto”cosiddetta artistica da studio?” Carta a grana grossa, filtro flou, luce radente, acido ritardante e tocco di sfumino finale?

FOTOGRAFO:

Ma lei ne sa di fotografia! Una donna fotografo!

TINA MODOTTI

Mi considero una fotografa e niente altro.

FOTOGRAFO:

Fotografa di buona famiglia? Voinglander nella borsetta e puzzetta sotto l’otturatore? Cosa ha fotografato di recente? Sponsali alla moda? Gagliardetti al vento? Passi dell’oca nei salotti romani?

TINA MODOTTI

Sovversivo? Fotografo con studio dietro l’angolo ma libero pensatore? Io potrei essere una spia, una informatrice dell’OVRA…

FOTOGRAFO:

Mi no trato coi bacoli…

TINA MODOTTI:

Prego, non capisco la sua lingua…

FOTOGRAFO:

Non parlo con gli scarafaggi

TINA MODOTTI:

Anch’io gli scarafaggi neri li schiaccio (frase detta in friulano di Udine – ancje jo i gridons neris ju pesti).

FOTOGRAFO:

Ungherese?

TINA MODOTTI:

Sì di Talmassons

FOTOGRAFO:

Come?

TINA MODOTTI:

Una cittadina persa nella Pusta ugrofriuloceltica…

FOTOGRAFO:

Che roba ara,

TINA MODOTTI:

Che genere di fotografie fa?

FOTOGRAFO:

Artistiche no?

TINA MODOTTI (Isieme)

Ho capito, sfumino finale, acido ritardante, carta a grana grossa eccetera, eccetera… (ride)

FOTOGRAFO (ridendo):

Questa l’ho già sentita.

TINA MODOTTI:

Ma va! (seria), la realtà la vede attraverso il mirino? Oppure chiude tutti e due gli occhi quando scatta?

FOTOGRAFO:

E’ proprio quando scatto che li apro, gli occhi … per piangere! Per me fotografare è vedere con un occhio che non mi appartiene. Questo mi salva. Un ritratto nasconde sempre la realtà; se sfumo un fondale con la bandiera sabauda dietro la recluta in posa, mi sembra di aver già fatto molto per me. e per gli altri…

TINA MODOTTI:

Ma la fotografia, se vale qualcosa, è proprio perché ferma la realtà, il presente. Se deve mettere il mondo in posa faccia il pittore!

FOTOGRAFO:

… che strano… parlando con lei mi pare di capire meglio, per la prima volta, quel senso di disagio, che a volte è di rabbia, che mi prende tante volte facendo il mio lavoro di fotografo di strada o di interni artistici. Anche quando mi riesce bene, anche quando riporto una vittoria e faccio una bella foto a una coppia di sposini e li fisso per sempre su uno sfondo, su un panorama che non cambierà mai.

TINA MODOTTI:

Ma il panorama cambia, eccome; è la gente che si sposa che è sempre uguale. Non vive, si sposa. A me piace fotografare la gente quando vive.

FOTOGRAFO:

Lei è proprio dispettosa! A farmi parlare così di quello che ho sempre tenuto nascosto, del mio lavoro, anche a me stesso. E a rubare così quel poco di soddisfazione che ancora restava a un povero fotografo di strada.

(MUSICA ZAPATEADO)

NARRATORE:

Il sole su Campo San Giacomo si fa sentire e anche i discorsi più profondi si asciugano sotto la calura. Non sarà certo il rigore ideologico a portare ai due un pò di refrigerio. Così, girando l’angolo della Chiesa e approdando alla frescura di una pergola, per poi perdersi in una delle tante stradine che digradano dal colle di San Giacomo verso Barriera, si trovano a cercare ospitali ombre radenti i muri, ristorandosi ai freschi soffi che vengono dai vecchi portoni. Lui è e rimarrà uno sconosciuto. Lei è e resterà la vituperata e famosa Tina Modotti. Ma i destini di animi affini non conoscono la Storia: la vivono con un abbraccio momentaneo e perciò eterno. Eterno come il tempo che dura l’attimo di un gelato al limone, ucciso a colpi di lingua. Un gelato tra gli alberi di piazza Garibaldi, un triciclo a forma di cigno bianco, come il vestito dell’uomo con la paletta che mai saprà di essere stato il paraninfo di una presa di coscienza.

TINA MODOTTI:

Tu devi essere testimone del tuo tempo e cioè…

FOTOGRAFO:

Fotografare la realtà?

TINA MODOTTI:

Si! Non è così facile come a dirlo. Bisogna interpretarla, coglierla e fissarla. E quello che stampi nella camera oscura, deve diventare un momento della tua coscienza… e solo allora chiediti se sei solo oppure no.

FOTOGRAFO:

La mia foto allora può servire agli altri?

TINA MODOTTI:

Sì, se pensi agli altri, quando fotografi.

(MUSICA ARANUYEZ)

NARRATORE:

E così tra una parola ardente e un morso gelato sfuma un pomeriggio d’estate nella Trieste italiana, e perciò fascista oppure fascista e perciò italiana, del ’36. La brezza risolleva lo spirito e muove tentatrice gonne di crepes di seta. Si intuiscono così forme e lunghe gambe nordiche che Mascherini, scultore emergente, fermerà nel bronzo. Siamo riemersi alla superficie delle cose, al loro involucro, al panorama che sfuma come l’incontro di Tina e il contaminato fotografo. Se altri fermenti profondi ci sono o ci saranno, non sono certo in questa città canterina. Oognuno per la sua strada, dunque …

FOTOGRAFO:

… che mula mata, ara! La va a zercar longhi in Spagna. In quel casin! Là i spara i se copa. Qua xe tuto calmo … tropo. Per adesso…

(MUSICA NAZIONAL POPOLARE)

NARRATORE:

Dicembre 1936. La lettera reca il timbro di Parigi, ma è stata scritta in Spagna. E’ diretta a una sorella di Tina, abitante in Pendice Scoglietto n. 210, Trieste.

TINA MODOTTI (intensa)

Carissima sorella, la tua lettera annunciandomi la morte della nostra amata madre mi è giunta solo una settimana fa. Pur nondimeno non ho avuto la forza di risponderti immediatamente. Il mio solo desiderio in questi giorni è stato di poter essere vicina a tutte le mie sorelle e fratelli, perchè la loro vicinanza, la tua vicinanza soprattutto, m’avrebbe alleggerito l’immenso dolore che provo, avrebbe riempito un poco il grande orribile vuoto che la nostra benedetta madre con la sua partenza ha lasciato. E il pensiero che forse più mi fa soffrire è quello proprio quello che questa separazione, questa impossibilità per la nostra povera mamma di rivedere durante tanti anni i suoi figli lontani, hanno rattristato gli ultimi anni della sua vita, lei che aveva già tanto sofferto nella sua vita e che aveva tanto diritto di passare gli ultimi anni circondata dalla presenza di tutti i suoi figli! Ti prego, cara Mercedes, dammi alcuni dettagli di più circa la causa della sua morte. Ringrazia tutti per il loro interessamento per la nostra irrimediabile perdita, la più dolorosa che il nostro cuore di figlie poteva provare. Grazie Mercedes della tua lettera e sopra tutto delle cure che hai avuto per la nostra cara scomparsa. Tua sorella Tina.

(MUSICA SPAGNOLA AMOR BRUJO SOTTOFONDO)

TINA MODOTTI (canticchia una nenia friulana)

Così fragile, così sicura come mia madre dormo.

NARRATORE: (a netto)

Così, altri, la ricordarono … un’altra sorella…

( MUSICA SPAGNOLA SEMPRE IN SOTTOFONDO)

FOTOGRAFO:

Quando Tina era ancora una bambina era l’unica di noi sei che lavorasse e guadagnasse qualche soldo. Lavorava, dodici ore al giorno, in un setificio e qualunque fosse la sua mansione sempre aveva le dita contuse e doloranti. Ricordo una sera, al principio dell’inverno. Mia madre ed io attendevamo Tina, abbracciandoci per riscaldarci. Eravamo molto tristi perchè non c’era alcunché da mangiare. Quando c’era qualcosa da mangiare io correvo incontro a Tina, ansiosa di darle la buona notizia. La preoccupazione principale della nostra infanzia era sempre quella di avere da mangiare; infatti, non avevamo né giocattoli né tempo per divertirci. Tina, però, non diceva mai niente e se ne andava silenziosamente a letto appena rientrata dal lavoro. .Quella notte sentimmo finalmente il rumore dei suoi passi; aprendo la porta, chiese allegramente: “Indovinate che vi porto?”. E, avvicinandosi a tentoni, pose un pacco sulle ginocchia della mamma, dicendo con entusiasmo: “Pane, formaggio e salame! E’ sufficiente fino a domani!” Mia madre chiese: “Come l’hai avuto?” Titubante, ma cercando di spiegarlo come un fatto del tutto normale, ci disse che veramente lo scialle azzurro proprio non le piaceva, e che invece, le ragazze della fabbrica l’avevano ammirato tanto che lei aveva deciso di metterlo in lotteria. Non era stata una gran bella idea? Quando cominciai a rendermi conto quanto coraggiosa fosse stata la piccola bugiarda tanto coraggiosa in seguito, che persino i suoi nemici politici avrebbero dovuto rendere omaggio alla sua memoria fui presa da una grata ammirazione e da rispetto nei suoi confronti.

(MUSICA)

NARRATORE:

Machado il poeta…

FOTOGRAFO:

Mi sembravi tanto esile, Tina quando ti vidi sotto gli alberi delle Tuilleries! Sei stata, invece, forte e combattiva ovunque si trattasse di ribellarsi all’ingiustizia e all’oppressione; sei sempre stata una compagna intelligente e coraggiosa, una buona e affettuosa amica.

( MUSICA)

NARRATORE: (a netto)

ERDWARD WESTON, fotografo

FOTOGRAFO:

Ricordi sempre più fragili, mentre sempre più sicuro è il mio dormire …

NARRATORE:

Io Raphael Alberti, dico che tu non dormi, perché toccasti il fine che speravi. Dammi la mano, sorella, camminiamo.

Oggi tu parli qui. Vieni ascoltiamo …

(LA NINNA NANNA CHE RIMASTA IN SOTTOFONDO ANCHE AI VERSI DI ALBERTI, SALE IN PRIMO PIANO)

NARRATORE:

Così tenendo per mano amici e compagni, Tina andò verso le speranze di un luminoso avvenire

(BRUSCO STOP MUSICA)

TINA MODOTTI… Tina Modotti no, no duerme!

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